Recensioni prisoners

Published on Novembre 11th, 2013 | by alessandro ludovisi

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Prisoners: la recensione

Prisoners: la recensione alessandro ludovisi
Voto CineZapping

Summary: Colpisce per la sua atmosfera, introduzione nitida dei personaggi, non mancano numerosi colpi di scena che ci fanno dubitare, riflettere ed appassionare.

3.5

Thriller molto interessante


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“Prisoners”, diretto da Denis Villeneuve, candidato all’Oscar per il miglior film straniero nel 2010 con “La donna che canta”,  è uno dei thriller più interessanti dell’anno.

Il regista canadese dirige un interessante cast che comprende nomi come  Hugh Jackman, Jake Gyllenhaal, Maria Bello, Terrence Howard e Viola Davis mentre per raccontare la sua “oscura” storia sceglie una location piuttosto anonima della provincia americana. Una scelta che paga poiché è proprio l’ambientazione  a regalare un fascino morboso ed inquietante all’opera.

Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal

Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal

Trama

Il giorno del Ringraziamento due bambine, Anna e Joy scompaiono misteriosamente lasciando nella disperazione le rispettive famiglie. C’è un sospetto: si tratta di un ragazzo con problemi mentali, proprietario di un vecchio camper che è stato visto  parcheggiato sotto l’abitazione  di Anna. Il padre della bambina non ha dubbi sulla sua colpevolezza e una volta capito che la polizia non incriminerà il ragazzo, decide di agire da solo anche oltre i limiti della legalità.

Giudizio

Eccedere nella descrizione del film potrebbe essere deleterio. Svelarne i particolari sarebbe addirittura un crimine. Preferiamo, allora, rimanere sul vago perché “Prisoners” è un thriller che svela lentamente le sue carte e quando il poker sembra servito arriva una scala reale a ribaltare la mano. Il fatto di cronaca, terribilmente attuale  e reale, spaventa perché è realizzabile, è crudele e colpisce alle spalle. ci lascia inermi, incapaci e chiusi in un dolore difficile – impossibile – da colmare. Ed è quel dolore, trasformato in determinazione ed odio, a spingere Keller (interpretato da un ottimo Hugh Jackman) verso il rapitore della sua bambina e di quella del suo migliore amico. Ogni mezzo è lecito e anche quando si supera il limite rimane la sensazione che si stia agendo a fin di bene.  Ed è per questo che osserviamo il personaggio Keller con una certa empatia, magari chiudendo un occhio, o entrambi, lasciandolo agire in nome di una nobile causa, senza interferire. Ma, allo stesso tempo, nutriamo fiducia per il detective Loki, interpretato da un bravo e tatuato Jake Gyllenhaal che rappresenta la faccia pulita della giustizia, la rassicurante azione delle forze dell’ordine, la speranza. Abilmente i due personaggi agli antipodi vengono tenuti quasi separati, ognuno a percorrere la propria pista perché se è vero che entrambi sperano di acciuffare il rapitore, è anche vero che entrambi recitano un copione diverso:  Keller si fregia della irrazionalità umana, dalla preghiera divina fino alla violenza esasperante mentre Loki utilizza il rigore, la metodicità, il protocollo.

Se nella prima parte il film colpisce per la sua atmosfera, per il mistero e per una introduzione nitida dei personaggi, nonostante alcuni rimangano fino in fondo indecifrabili, nella seconda parte (il film dura circa  150 minuti) siamo scossi dai numerosi colpi di scena che ci portano fuori strada, ci fanno dubitare, riflettere ed appassionare. Come il genere di riferimento richiede ma come non sempre accade.  Non avvertiamo fatica nel vivere  le due ore e passa del film fino a un inaspettato e tesissimo finale dove il puzzle si ricompone quasi miracolosamente lasciandoci però la sensazione – per molti sicuramente amara – che qualche pedina sia misteriosamente scomparsa.

 

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