Eric Rohmer
L’idea dei Racconti Morali mi è venuta ad una età in cui non sapevo ancora se sarei diventato un cineasta.
(Éric Rohmer)
L’aritmetica rohmeriana non rischia collassi epistemologici, se parliamo di un Racconto morale numero zero. Se affermiamo che, a inaugurare la lista dei Contes moraux, non è La boulangère de Monceau (La fornaia di Monceau, 1962), ma un testo cartaceo, Élisabeth, l’unico romanzo pubblicato dal regista, e sotto lo pseudonimo di Gilbert Cordier, quando ancora Éric Rohmer era solo Jean-Marie Maurice Schérer, giovane e sconosciuto. Scritto nel ’44 ed edito nel ’46 dalla Gallimard di Parigi, approdato in Italia solo nel ’95, grazie a Bompiani, e riproposto dieci anni più tardi da Mondadori, oggi è drasticamente fuori catalogo. (La scomparsa del suo autore, l’11 gennaio scorso, potrebbe forse… ). Nessun collasso. Perché nel corpo esiguo del suo centinaio di pagine o poco più, Élisabeth contiene già i tratti salienti dei film a venire. E dalla celluloide partiamo. Qual è il midollo tematico dei Contes, se non la famigerata scelta morale dei loro protagonisti? Da La boulangère a L’amour l’après-midi (L’amore il pomeriggio, 1972), il sesto e ultimo, lo schema diegetico si ripete immutato. Un protagonista maschile; un progetto di vita all’apparenza assodato; un evento casuale; l’affacciarsi di una possibile alternativa, o meglio, di una deviazione dalla via predestinata; la scelta, in extremis, di non deviare; il ritorno all’ordine. La retta via, e il suo (sventato) abbandono hanno sempre i volti di due donne: la compagna prescelta, ossia la stabilità veritiera di un’esistenza, heideggerianamente, autentica, e la tentatrice, l’altra, simbolo delle seduzioni intermittenti e spesso vacue annidate nella realtà terrena. Sia una commessa diciottenne, una ninfetta da spiaggia, o un’affascinante signora divorziata, il nostro eroe resisterà, in ultimo, alla tentazione. E questa è appunto la scelta morale. Dove, si badi bene, l’aggettivo non sottende un banale perbenismo di facciata, né la struttura “conservativa” della narrazione valori necessariamente conservatori. Morale è, per Rohmer, l’affermazione del primato della volontà sui depistaggi esistenziali offerti dal caso. Il caso, appunto. Componente essenziale della Weltanschauung rohmeriana, forza misteriosa, perennemente gravida di sorprese e coincidenze, la cui epifania per antonomasia è l’incontro, figura centrale nei soggetti del regista, che le dedicherà, esplicitamente, il film a episodi del ’95, Les rendez-vous de Paris (Incontri a Parigi).
Dario Gigante
Un ringraziamento sincero e affettuoso alla dottoressa Angela Bosetto, senza il cui minuzioso labor limae questo testo non possiederebbe la levigatezza e la leggibilità che, spero, vi abbiate trovato. Grazie, Angela.
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