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“Il capitale umano”: la recensione

Tratto dall’omonimo romanzo dell’americano Stephen Amidon, “Il capitale umano” è il nuovo e ispiratissimo film di Paolo Virzì, prodotto da Rai Cinema (oltre che “Motorino Amaranto” e “Indiana Production“) e distribuito da 01 Distribution, nelle sale italiane dal 9 Gennaio.

Il regista livornese si lascia alle spalle le piccole, grandi difficoltà quotidiane di “Tutti i santi giorni“, “Tutta la vita davanti” e “La prima cosa bella” (che finora era stato il suo miglior film) e si reinventa in una pellicola tra il drammatico e il thriller, che racconta un’Italia cinica e piena di sogni infranti.

Il capitale umano

Ambientato in Brianza, anzichè nella sua amata Livorno, “Il capitale umano” è la storia di un paese disilluso, senza remore e privo di sentimenti. Un’Italia che si è mangiata il proprio futuro con il suo egoismo e la sua voglia sfrenata di arricchirsi. Emblematica e bellissima la frase che riassume l’essenza della storia:

Avete scommesso sulla rovina di questo paese e avete vinto.

A farne le spese, in un certo senso, sono i figli dei protagonisti di questa storia: incapaci di trovare una loro identità, un’utilità all’interno della loro vita benestante.

La trama

Sullo sfondo di una bellissima Brianza, si intrecciano le vite di due famiglie, quella degli Ossola e dei Bernaschi: Il Signor Dino Ossola è il titolare di una piccola agenzia immobiliare che effettua un investimento ad alto rischio affidandosi al Signor Bernaschi, un ricco business man nonchè padre del fidanzato della figlia. L’investimento si rivela fallimentare per Dino, che rischia d’un tratto di perdere tutto. Nel frattempo, la polizia è sulle tracce del pirata della strada che in una notte ha investito un ciclista. I sospetti ricadono sui figli delle due famiglie.

Una scena del film “Il capitale umano”

Come fece Quentin Tarantino ne “Le Iene“, Paolo Virzì adotta il sistema a multipla versione per raccontare la sua storia: il punto di vista di Dino Ossola, un bravissimo Fabrizio Bentivoglio; quello di Carla (Valeria Bruni-Tedeschi), la moglie ricca ma insoddisfatta di Bernaschi; e Serena (Matilde Gioli), figlia dell’Ossola, che nasconde al padre di aver rotto la relazione con Massimiliano (Guglielmo Pinelli) e nel frattempo incontra un nuovo ragazzo, considerato socialmente pericoloso.

Critica

Paolo Virzì si butta a capofitto in una nuova avventura, diversa da quelle a cui ci aveva abituato, dimostrando di saper navigare anche in un mare cinematografico totalmente nuovo, probabilmente sancendo definitivamente la sua consacrazione di regista (qualora ce ne fosse stato il bisogno). La caratterizzazione dei personaggi è ben riuscita. Impossibile non immedesimarsi, invidiando, disprezzando o compatendo – scegliete voi – i vari Dino, Carla, Serena e Giovanni.
Virzì descrive le realtà italiane in un modo sorprendentemente realistico, senza tradire la sua capacità di far sorridere con amarezza e divertimento al tempo stesso.

Un cast sorprendente, inoltre, passando da Bebo Storti, Valeria Golino a Luigi Lo Cascio, definisce il successo di un film destinato ad essere rivisto e apprezzato largamente. Un’eccezionale Valeria Bruni-Tedeschi, un odiosamente ottimo Fabrizio Gifuni e dei bravissimi esordienti come Matilde Gioli, Guglielmo Pinelli e Giovanni Anzaldo (già visto in “Romanzo di una strage“).

Imperdibile.

Alessandro Testa

Scrittore per diletto, appassionato di libri, scrittura creativa, film e pallone. Polemico di natura, sognatore, pragmatico, incoerente. Astenersi perditempo.

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