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L’ultimo terrestre: “Mostro” incontra alieni

“L’ultimo terrestre” é un film insolito nel panorama italiano. Narra di un’invasione di extraterrestri ma non è un film di fantascienza. Anzi, seppure se ne parli fin dai titoli di testa (davvero divertente la telefonata del dirigente di una squadra di calcio di dilettanti), gli extraterrestri rimangono defilati. La storia, infatti è un’altra.

Il personaggio principale è Luca Bertacci, cameriere in una sala di bingo (un impiego che non gli dispiace). E’ timido, single, ma soprattutto misogino (è attratto dalla vicina che spia con un binocolo, non disdegna il sesso a pagamento, ed è amico di un transessuale che si prostituisce). Una sorta di alieno, o, per dirla con la sua vicina di casa, un “mostro”. La sua vita è monotona: lavoro, casa (un appartamento con la tapparella guasta) e visite al vecchio padre che abita da solo in un casolare in campagna.
Ma non è una persona squallida, anzi squallidi sono i suoi colleghi; Luca fondamentalmente è un buono.
Per buona parte del film non succede niente; vengono presentati i personaggi, e lo spettatore viene lentamente introdotto in questo universo (il ritmo è quello, lento, dell’ottima sequenza iniziale della prostituta). La trama è talmente esile che si fa fatica a raccontare, in ogni caso ha una sua coerenza, e il film non risulta sfilacciato.
Neanche le svolte, Luca che riesce a parlare con la vicina, e il padre che si ritrova una extraterrestre in casa (nella stalla per la precisione), imprimono un cambio di ritmo nella narrazione. In linea con il carattere monocorde di Luca. Nel finale però gli eventi precipitano, e il film vira verso atmosfere thriller, a dire il vero stridendo un po’ con il ritmo compassato, e il tono surreale tenuto fino ad allora.

 

Locandina italiana del film

Gian Alfonso Pacinotti, fumettista al suo esordio alla regia, che scrive anche la sceneggiatura (ispirata al fumetto “Nessuno si farà del male” di Giacomo Monti), dirige bene gli attori (complimenti anche al responsabile del cast; il migliore è Gabriele Spinelli, nel ruolo del protagonista), cura molto le inquadrature, ed è bravo a creare l’atmosfera. Tuttavia avrebbe giovato una scrittura più omogenea, i due colpi di scena nel finale colgono lo spettatore un po‘ troppo impreparato. Comunque il film, che in realtà parla di diversità, di solitudini e di infelicità, anche se qua e là si dilunga, a tratti diverte, e si vede volentieri.

Voto:

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Roberto

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