
Pensioni, nel 2026 potrà andarci soltanto chi è nato in questi anni - Cinezapping.com
Dal prossimo anno puoi lasciare il lavoro e andare in pensione soltanto se sei nato in questi anni: quali documenti, nel caso, devi preparare.
Con l’avvicinarsi della legge di Bilancio per il 2026, il tema pensioni resta al centro del dibattito politico ma, secondo le ultime indiscrezioni da Palazzo Chigi, non sono attese novità sostanziali che modifichino le regole vigenti per il pensionamento in Italia.
Il governo Meloni sembra infatti orientato a confermare le attuali norme, mantenendo di fatto in vigore la riforma Fornero e concentrandosi su interventi marginali e di contorno.
Pensioni 2026: nessuna rivoluzione, confermata la legge Fornero
Il panorama pensionistico per il prossimo anno rimarrà sostanzialmente invariato rispetto a quello attuale. Non sarà approvata nessuna riforma strutturale che modifichi l’età pensionabile o gli altri requisiti per il pensionamento. Il governo, infatti, non intende affrontare una revisione della legge Fornero che, come noto, prevede il pensionamento di vecchiaia a 67 anni con un minimo di 20 anni di contributi. Le pressioni europee per la riduzione della spesa pensionistica restano un fattore chiave nelle decisioni del governo, che però non ha intenzione di varare misure che possano aumentare i costi o aprire a pensionamenti anticipati troppo generosi.
Di fatto, la cosiddetta “beffa” per molti lavoratori è che, nel 2026, potranno andare in pensione solo coloro che sono nati nel 1959 o anni precedenti e che soddisfano i requisiti contributivi. Il Ministro Giorgetti ha aperto un cantiere sulle pensioni integrative, puntando a incentivare il ricorso a forme complementari di previdenza, ma senza incidere sulle soglie di età o sugli anni di contributi richiesti. Lo stop all’adeguamento automatico dell’età pensionabile in base all’aumento dell’aspettativa di vita è invece previsto solo per il 2027, quindi nel 2026 si continuerà a seguire il parametro fissato nel 2023.
Resta confermato che la pensione di vecchiaia sarà accessibile a chi compirà 67 anni nel 2026, a patto di aver maturato almeno 20 anni di contributi. Questo significa che potranno lasciare il lavoro i nati nel 1959, compresi coloro che rientrano nelle deroghe Amato, che consentono l’accesso alla pensione a 67 anni con soli 15 anni di contributi. Per la pensione anticipata, invece, valgono i requisiti contributivi rigorosi: per gli uomini sono necessari 42 anni e 10 mesi di contributi, mentre per le donne 41 anni e 10 mesi. Potranno quindi andare in pensione nel 2026 anche i lavoratori “precoci”, cioè coloro che hanno iniziato a lavorare prima del 1996 e che rientrano nella cosiddetta Quota 41.

In questo caso non conta l’età anagrafica, ma solo la contribuzione. La pensione anticipata contributiva richiede invece il compimento di 64 anni di età, almeno 25 anni di contributi e un assegno pensionistico minimo pari a tre volte l’assegno sociale, con soglie ridotte per le donne. Di conseguenza, potrebbero uscire dal lavoro nel 2026 anche i nati nel 1962 o in anni precedenti, a seconda del loro percorso contributivo e del reddito. Per chi rientra nell’Ape Sociale (disoccupati, invalidi, caregiver e lavoratori impegnati in mansioni gravose) è possibile il pensionamento a 63 anni e 5 mesi, ovvero chi è nato entro metà 1962 e ha maturato almeno 30 o 36 anni di contributi, a seconda del profilo.
Nonostante l’annunciato superamento della Quota 103, il governo sta valutando l’introduzione di una nuova forma di pensionamento anticipato a 62 anni, chiamata Quota 41 flessibile. Questa misura potrebbe estendere la possibilità di uscita anticipata a tutti i lavoratori, non solo ai precoci, a patto di aver maturato almeno 41 anni di contributi. Se approvata, nel 2026 potranno dunque andare in pensione con questa formula anche i nati nel 1964 o in anni precedenti, sempre in base a requisiti di contribuzione. Tuttavia, è previsto un sistema di penalizzazione sull’assegno pensionistico per chi ha un reddito ISEE superiore a 35.000 euro, con una decurtazione del 2% per ogni anno di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia.
Chi ha redditi inferiori a questa soglia invece sarebbe esentato da tale penalizzazione. Il quadro pensionistico per il 2026 conferma un sistema ancora fortemente ancorato alla riforma Fornero, con qualche apertura verso forme di pensionamento anticipato che però restano vincolate da rigide condizioni contributive e da eventuali penalizzazioni economiche. Le novità più significative riguarderanno probabilmente le pensioni integrative e misure di sostegno ai lavoratori con specifiche esigenze, ma senza modificare le regole base per l’uscita dal lavoro.