Recensioni NOS Schreck pdp

Published on Marzo 16th, 2012 | by F. Fortuna

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Recensione cult: Nosferatu

Recensione cult: Nosferatu F. Fortuna
Voto CineZapping

Summary:

4

Film Grandioso


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La figura del principe Vlad III di Valacchia ha dato vita ad un immaginario (almeno in Occidente) sconfinato che ha toccato tutte le forme artistiche. Letteratura e cinema hanno contribuito particolarmente alla sua formazione, in modi spesso molto diversi tra loro; chi volesse avvicinarsi al personaggio del vampiro ha dunque grande possibilità di scelta. Dal mito di John William Polidori, al romanzo dell’irlandese Bram Stoker cui si sono ispirati, più o meno dichiaratamente, i film di Friedrich Wilhelm Murnau, Werner Herzog e Francis Ford Coppola; dai film Universal alle pellicole Hammer; dalla quadrilogia di Stephenie Meyer ai film omonimi diretti da quattro registi differenti, uno per episodio. La nostra attenzione si catalizzerà su un’opera degli albori di questa cultura e anche della cultura cinematografica stessa: “Nosferatu” di Murnau, fondamentale esempio dell’espressionismo cinematografico tedesco e del cinema del terrore, che rischia però di cadere nel dimenticatoio.

La trama è molto simile a quella del romanzo originale. Si tratta sempre della storia dell’agente immobiliare Hutter (i personaggi sono stati rinominati a discrezione del regista) che dovrà concludere l’affare con il temuto Conte Orlok, desideroso di acquistare un’abitazione a Wisborg. Il giovane parte e lascia la sua amata e devota moglie Ellen a suo fratello, credendo di tenerla al sicuro in sua assenza. Duante il viaggio, il protagonista viene messo in guardia: si vocifera che il castello sia abitato da presenze oscure e che la più temuta di queste sia Nosferatu, un vampiro. Hutter cadrà vittima del mostro senza accorgersene e ben presto il vampiro arriverà a colpire anche sua moglie…

NOS Schreck pdp

Nosferatu, il Vampiro

A dispetto dell’epoca in cui il film fu realizzato (1922), i trucchi e gli effetti elaborati allo scopo di terrorizzare non impediscono a “Nosferatu” di rimanere, anche nell’era della manipolazione digitale, un grande classico del cinema horror. Si parla di tecniche narrative sicuramente diverse da quelle odierne ma egualmente efficaci, anzi, a volte anche di più. Fin dalla prima apparizione del Conte Orlok/Nosferatu è immediata la percezione di quanto sia incredibile l’interpretazione di Max Schreck che diventa un personaggio grottesco, dal volto truccato in modo troppo elaborato ma mostruoso: l’aura demoniaca di Nosferatu passa attraverso i suoi occhi, non ha bisogno di altre dimostrazioni; un suo sguardo può far gelare il sangue dello spettatore.

Il bello del cinema muto in fondo è proprio questo: la mancanza del suono, anche per gli spettatori nati dopo la sua introduzione nel cinema, non è per nulla percettibile: il racconto è perfetto così com’è, la comunicazione è forte e le immagini sono coinvolgenti al punto giusto. Se poi la pellicola che stiamo guardando è stata girata da un grande regista e narratore come Friedrich Murnau, al sonoro non ci penseremo proprio. Per realizzare un capolavoro dell’horror come “Nosferatu“, il cineasta tedesco non ha bisogno d’altro che di una fotografia suggestiva e di una composizione musicale efficace; pochi elementi (anche se molto complessi) che allestiscono uno scenario terrificante e di altissima qualità tecnica e realizzativa. Particolare attenzione va infatti dedicata alla fotografia, di Fritz Arno Wagner, tutta contrasi forti nella migliore tradizione espressionistica. Non ci sono sfumature, il bianco e il nero sono estremamente netti, bene e male. Hutter e Nosferatu, si trovano a stretto contatto anche nella struttura stessa delle immagini.

L'ombra del vampiro di Murnau

La scena, indimenticabile, in cui Nosferatu sale la scala e raggiunge la stanza di Ellen è forse l’esempio migliore della riuscita di questo film. Il vampiro non ci viene mostrato, c’è solo la sua ombra che sale velocemente le scale: non è necessaria la sua presenza per creare una tensione fortissima. Il cinema mette insieme le sue forze e racconta la scena madre di un film attraverso un gioco di ombre a dir poco geniale, seppur semplice agli occhi dello spettatore degli anni 2000. Il mostro ha salito le scale indisturbato, ha aperto la porta con la sua grottesca mano artigliata e ha catturato la povera Ellen. Come? Semplicemente con la sua ombra, che vediamo stagliarsi nera sulla veste candida della protagonista.

Voto:

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