
Assegno di inclusione, il rischio di dover restituire tutto - cinezapping.com
Cresce il numero di beneficiari che potrebbero dover restituire l’Assegno di Inclusione a causa di omissioni, errori e mancate comunicazioni alla piattaforma INPS.
Con l’estensione dei controlli sull’Assegno di Inclusione, introdotto nel 2024 come misura alternativa al Reddito di Cittadinanza, numerosi nuclei familiari rischiano di vedersi recapitare una richiesta formale di restituzione delle somme già percepite. L’INPS, secondo fonti interne, ha incrementato i controlli incrociati su dichiarazioni ISEE, DSU e comportamenti relativi agli obblighi previsti dal Decreto Lavoro 2023, con un’attenzione particolare ai casi di omissioni volontarie e aggiornamenti non eseguiti. Il rischio non riguarda solo la sospensione del beneficio, ma anche la revoca definitiva e l’aggiunta di interessi in fase di rimborso.
Cosa fa scattare la sospensione o la revoca del beneficio
Secondo quanto stabilito nel Decreto Lavoro, l’Assegno di Inclusione può essere sospeso in presenza di eventi ben precisi: condanne penali a carico di un componente del nucleo familiare, mancata presentazione ai colloqui presso i servizi sociali, oppure il rifiuto ingiustificato di un’offerta lavorativa considerata congrua. Anche l’accettazione di contratti di lavoro temporanei, come nel caso di un figlio maggiorenne assunto per sei mesi, può determinare l’interruzione temporanea del sostegno.

Diverso è il caso della revoca, che avviene quando vengono rilevate irregolarità nella documentazione presentata o nel comportamento del richiedente. Una dichiarazione non aggiornata dopo l’avvio di un’attività lavorativa, oppure l’omessa segnalazione di eredità, entrate o variazioni patrimoniali, può comportare la cancellazione del beneficio e la richiesta di rimborso integrale. In queste situazioni, l’INPS può anche applicare interessi legali di mora, aggravando ulteriormente il carico sulle famiglie coinvolte.
Un’ulteriore misura, la decadenza, è prevista nei casi più gravi: condanne definitive, mancata partecipazione a percorsi obbligatori di inclusione, rifiuto reiterato di offerte di lavoro o l’omissione del rinnovo della DSU dopo eventi rilevanti (nascita, separazione, cambio di residenza). La perdita del beneficio diventa definitiva e spesso irreversibile.
Rischio penale e precauzioni per chi riceve il sussidio
Le sanzioni per dichiarazioni false o reticenti non si limitano al piano economico. Il Codice penale, in caso di false attestazioni, prevede fino a sei anni di reclusione per chi presenta documentazione non veritiera al fine di ottenere un sostegno pubblico. L’INPS ha confermato di voler proseguire in questa direzione, rendendo sistematici i controlli automatizzati su ISEE, banca dati patrimoniale e incrocio con le comunicazioni obbligatorie.
Per ridurre il rischio di revoca o sanzione, i beneficiari dovrebbero prestare attenzione ad alcuni passaggi essenziali. È fondamentale aggiornare in tempo reale la DSU, inserendo ogni variazione reddituale o familiare, anche se ritenuta marginale. Va segnalato ogni nuovo contratto di lavoro, ogni cambio di residenza, o l’arrivo di una somma di denaro, anche se non prevista. Partecipare ai percorsi di inclusione sociale è un altro obbligo spesso sottovalutato: la mancata adesione può comportare la perdita immediata del diritto al beneficio.
Molti casi registrati nei primi mesi del 2025 evidenziano una tendenza alla distrazione o alla scarsa conoscenza del regolamento. Ma il sistema, ormai digitalizzato, non ammette omissioni. E chi ignora gli obblighi, oggi più che mai, rischia non solo il blocco immediato dell’assegno, ma anche la restituzione integrale di quanto ricevuto fino a quel momento.