
Controlli fiscali sui bonifici: presunzione di reddito e obbligo di documentazione (www.cinezapping.com)
Nel contesto dei controlli fiscali, l’Agenzia delle Entrate può richiedere al contribuente la giustificazione di qualsiasi bonifico.
In assenza di prove documentali valide e datate, si rischia di incorrere in sanzioni, anche quando il trasferimento di denaro riguarda somme esenti da tassazione, come prestiti o donazioni tra privati. Vediamo come funziona il meccanismo dei controlli e quali sono le strategie per evitare problemi con il Fisco.
Ricevere un bonifico bancario è un’operazione quotidiana e molto comune, che può corrispondere a molteplici situazioni: pagamento di una prestazione professionale, accredito di stipendio, rimborso di spese anticipate, restituzione di un prestito o anche un regalo. Tuttavia, proprio per questa varietà di casi, l’Agenzia delle Entrate può mettere sotto osservazione ogni accredito sul conto corrente, soprattutto se la causale appare poco chiara, il mittente non è facilmente identificabile, l’importo è rilevante o gli accrediti sono ricorrenti.
La normativa vigente stabilisce una regola fondamentale: tutti gli accrediti ricevuti tramite bonifico o versamento bancario si presumono redditi imponibili, salvo prova contraria. Questo significa che, in mancanza di una giustificazione documentale che certifichi la natura non tassabile della somma, il Fisco può considerare quel denaro come reddito non dichiarato, esponendo il contribuente al pagamento di imposte e relative sanzioni.
Un esempio tipico riguarda un contribuente che riceve un bonifico di 10.000 euro da un amico o da un partner non coniugato. Nel caso in cui quella somma non venga dichiarata nella dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle Entrate potrebbe avviare un accertamento fiscale, richiedendo il pagamento delle imposte dovute sulla somma, maggiorate dalle sanzioni previste per l’evasione.
Come evitare le sanzioni: l’importanza della causale e della prova documentale
Per difendersi da queste presunzioni, il contribuente deve essere in grado di esibire una prova documentale con data certa che dimostri che il bonifico ricevuto non costituisce reddito imponibile. Nel caso di donazioni, prestiti o regali, è indispensabile dimostrare la natura dell’operazione con atti formali, preferibilmente registrati presso l’Agenzia delle Entrate.
La causale del bonifico gioca un ruolo cruciale in questo processo. Anche se l’indicazione della causale non è formalmente obbligatoria per la validità dell’operazione bancaria, è fortemente consigliata per motivi di trasparenza e tutela fiscale. Ecco alcune indicazioni utili per compilare correttamente la causale:
- Donazioni e prestiti: indicare chiaramente la natura del trasferimento, ad esempio “prestito infruttifero”, “regalo”, “donazione”, specificando se possibile la motivazione (es. “prestito per acquisto auto”, “regalo per matrimonio”). Per importi elevati, è consigliabile redigere una scrittura privata registrata.
- Pagamenti di servizi o forniture: inserire nella causale il riferimento alla fattura corrispondente, specificando se si tratta di acconto o saldo.
- Bonifici per bonus edilizia e ristrutturazioni: utilizzare il cosiddetto “bonifico parlante”, che contiene informazioni aggiuntive obbligatorie, come il codice fiscale del pagante, la partita IVA dell’impresa esecutrice e la norma di legge che consente la detrazione fiscale.
- Canoni di locazione: indicare semplicemente “canone di affitto” o “canone di locazione” seguito da mese e anno di riferimento.
- Pagamento parcelle professionali: riportare la dicitura “saldo onorario” seguita dal nome del professionista e il numero della fattura.

Se il Fisco avvia un accertamento e il contribuente non è in grado di fornire la documentazione necessaria, sarà obbligato a versare le imposte sui bonifici ricevuti, anche se si tratta di somme esenti come donazioni o prestiti. È possibile presentare ricorso contro l’accertamento, ma le uniche prove accettate sono quelle che dimostrano che gli importi sono esenti o che le imposte sono state già assolte alla fonte.
Per tutelarsi efficacemente, è fondamentale agire preventivamente. Stipulare sempre un atto scritto e registrato rappresenta la migliore garanzia per evitare contestazioni future. Inoltre, è importante ricordare che l’Agenzia delle Entrate ha un termine di cinque anni per contestare eventuali redditi non dichiarati; trascorso questo periodo, decadono i poteri di accertamento.
La complessità di queste disposizioni rende indispensabile mantenere una corretta e trasparente documentazione di tutti i movimenti bancari, soprattutto per somme non collegate a reddito da lavoro o impresa. La buona fede del contribuente non è sufficiente senza una “pezza giustificativa” ufficialmente riconosciuta, capace di dimostrare la legittimità dell’operazione.