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Che cos’è il MacGuffin?

La risposta è semplicissima: nulla. O meglio, tutto. Per essere ancora più chiari: il MacGuffin è entrambe le cose. Siete confusi? Tranquilli, ora arriviamo a spiegarvelo.

Avete presente presente la valigetta che in “Pulp Fiction” (di Quentin Tarantino) Vincent Vega e Jules Winnfield custodiscono gelosamente? Esattamente, quello è un MacGuffin. E la busta con 40.000 dollari nel film “Psyco” di Alfred Hitchcock? Anche quello lo era.
Ma insomma, che diavolo è un MacGuffin?

Chiamatelo pure “sarchiapone narrativo“, se preferite. Il MacGuffin è semplicemente il motore scatenante della storia, l’espediente narrativo attorno al quale si concentra l’attenzione dei personaggi, pur non avendo un significato definito o rilevante per lo spettatore. E’ solo un pretesto, un elemento che serve per dare il ‘LA’ alla storia.
Nel caso del film di Tarantino, addirittura, neanche veniamo a sapere cosa contiene la valigetta, e a dirla tutta nemmeno ci interessa. Sappiamo solo che è importante per Vincent e Jules e che per custodirla sono disposti ad uccidere.

Alfred Hitchcock, “inventore” del MacGuffin

Il termine è stato coniato dal maestro del brivido Alfred Hitchcok, anche se c’è chi ritiene che la reale paternità sia di un suo amico sceneggiatore, Angus MacPhail. Ecco come il regista britannico spiegava con un aneddoto cosa fosse il MacGuffin:

Si può immaginare una conversazione tra due uomini su un treno.

L’uno dice all’altro: “Che cos’è quel pacco che ha messo sul portabagagli?”
L’altro: “Ah quello, è un MacGuffin”
Allora il primo: “Che cos’è un MacGuffin?”
L’altro: “È un marchingegno che serve per prendere i leoni sulle montagne Adirondack”
Il primo: “Ma non ci sono leoni sulle Adirondack”
Quindi l’altro conclude: “Bene, allora non è un MacGuffin!”

Come vedi, un MacGuffin non è nulla.
(dal libro-intervista “Il cinema secondo Hitchcock” di Francois Truffaut al regista)

In apertura di articolo abbiamo detto, appunto, che il MacGuffin è tutto e nulla allo stesso tempo. Ma abbiamo anche citato il termine “sarchiapone”, richiamando la famosa gag del 1958 con Walter Chiari e Carlo Campanini. In quello sketch televisivo, anch’esso ambientato in un treno, un signore faceva credere a tutti i passeggeri dello scompartimento di avere un pericoloso animale in una gabbietta (il sarchiapone, appunto), quando in realtà la creatura nemmeno esisteva: era solo un espediente per far scappare le persone e poter viaggiare in tranquillità, da solo.

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Alessandro Testa

Scrittore per diletto, appassionato di libri, scrittura creativa, film e pallone. Polemico di natura, sognatore, pragmatico, incoerente. Astenersi perditempo.

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