
Certificati medici e lavoro: cosa cambia - (cinezapping.com)
La precisione nella gestione dei certificati medici non è più una questione marginale. La sentenza che cambia tutto
Negli ultimi mesi si è acceso un dibattito importante in ambito lavorativo che riguarda il tema del certificato medico e delle sue tempistiche. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza su un punto delicato: l’invio tardivo o mancato del certificato può legittimare, in determinati casi, il licenziamento per giusta causa. Una decisione che potrebbe cambiare in modo significativo i rapporti tra dipendenti e datori di lavoro.
Secondo la normativa attualmente in vigore, un lavoratore che si assenta per malattia deve rispettare alcune regole fondamentali. La prima è comunicare tempestivamente lo stato di malattia al proprio datore di lavoro, generalmente entro 24 ore dall’inizio dell’assenza. Successivamente, è obbligatorio inviare il certificato medico che attesta l’impossibilità di lavorare, tramite il sistema telematico INPS. In genere, questo deve avvenire entro due o tre giorni, a seconda del contratto collettivo nazionale applicato.
Il caso giudiziario che fa discutere
La sentenza n. 13747 del 2025 della Corte di Cassazione ha stabilito che il reiterato ritardo nell’invio del certificato medico può essere considerato una violazione grave dei doveri contrattuali, tanto da giustificare il licenziamento. In altre parole, non basta più presentare il certificato, bisogna anche rispettare i tempi previsti. Se il comportamento del lavoratore si ripete nel tempo e compromette l’organizzazione aziendale, il datore ha il diritto di interrompere il rapporto di lavoro.

Secondo la Corte, l’obbligo del certificato medico non è solo una formalità: è uno strumento indispensabile per il datore di lavoro, che ha bisogno di sapere in tempi certi l’assenza del dipendente per riorganizzare i turni, coprire i ruoli mancanti e mantenere l’efficienza operativa. Un comportamento negligente da parte del lavoratore mina la fiducia reciproca, elemento essenziale per qualsiasi rapporto di lavoro.
La legge prevede alcune eccezioni. Se il lavoratore è impossibilitato ad inviare il certificato per cause oggettive e documentabili, come un improvviso ricovero ospedaliero o gravi difficoltà tecniche, il ritardo può essere giustificato. Tuttavia, la responsabilità di fornire la prova di tali impedimenti spetta al lavoratore stesso. In assenza di motivazioni valide, la giurisprudenza tende a non essere clemente.
Non tutti i contratti collettivi nazionali trattano l’argomento allo stesso modo. Alcuni, come quelli del settore Tessile o Metalmeccanico, distinguono tra assenza ingiustificata (che può comportare il licenziamento immediato) e ritardo nella giustificazione (sanzionabile, ma meno grave se occasionale). Tuttavia, anche nei casi in cui il contratto prevede un margine di tolleranza, la reiterazione del comportamento può portare comunque al licenziamento.
Per evitare rischi e tutelare la propria posizione, è fondamentale che i dipendenti:
Comunichino l’assenza per malattia il prima possibile.
Verifichino che il medico abbia trasmesso il certificato all’INPS.
Si accertino che il datore abbia ricevuto il numero di protocollo del certificato.
Conservino ogni eventuale documentazione che giustifichi un ritardo, in caso di problemi oggettivi.
Dal canto loro, anche le aziende devono gestire la situazione con attenzione, adottando politiche interne chiare e informando correttamente i dipendenti sui loro obblighi. In caso di ritardi frequenti, devono raccogliere prove e avviare procedimenti disciplinari secondo quanto previsto dalla normativa e dai contratti collettivi.