
L’attuale sistema pensionistico italiano continua a riservare la possibilità di un’uscita anticipata dal lavoro a 64 anni esclusivamente a una ristretta cerchia di lavoratori: i cosiddetti “contributivi puri”, ovvero coloro che hanno iniziato a versare contributi dal 1° gennaio 1996 in poi, senza anzianità contributiva precedente.
Le condizioni per la pensione anticipata a 64 anni
Accedere alla pensione a questa età richiede requisiti molto stringenti: è indispensabile aver compiuto almeno 64 anni, aver accumulato almeno 20 anni di contributi effettivi e percepire un assegno pensionistico pari ad almeno tre volte l’assegno sociale, che nel 2025 equivale a circa 1.616 euro mensili. Per le donne con figli, la soglia è lievemente ridotta (2,8 volte l’assegno sociale con un figlio, 2,6 con due), ma anche in questi casi il bacino di beneficiari rimane molto limitato, soprattutto per chi ha avuto carriere frammentate o retribuzioni basse.
Dal 2030, le condizioni diventeranno ancora più severe con l’innalzamento della soglia minima dell’assegno pensionistico a 3,2 volte l’assegno sociale, circa 1.724 euro al mese. Parallelamente, potrebbe salire anche l’età minima, portandola a 64 anni e 3 mesi dal 2027, in linea con l’aumento della speranza di vita, salvo interventi governativi per bloccare questo incremento.
Il dibattito politico e le critiche sindacali
Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ha rilanciato l’idea di estendere la pensione anticipata a 64 anni anche ai lavoratori del sistema misto, cioè coloro che hanno contribuzioni sia precedenti che successive al 1996. Durigon ha affermato: «Credo che 64 anni possano diventare la vera soglia di libertà pensionistica». Inoltre, si sta valutando l’utilizzo del Tfr custodito presso l’Inps per sostenere le pensioni più basse, soprattutto per le nuove generazioni.
Duro il giudizio della Cgil, rappresentata dalla segretaria confederale Lara Ghiglione, che definisce l’ipotesi di pensione anticipata a 64 anni «un’illusione», sottolineando come il governo attuale abbia addirittura peggiorato le condizioni rispetto alla Legge Fornero. Ghiglione ricorda inoltre che l’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita è stato introdotto già nel 2010, prima della riforma Fornero, e che oggi le condizioni economiche richieste per accedere a questa possibilità sono fuori dalla portata della maggioranza dei lavoratori, soprattutto considerando salari bassi, precarietà e disuguaglianze di genere.
Previdenza integrativa e prospettive future
Dal 2025 è possibile sommare all’importo pensionistico la rendita proveniente dai fondi pensione, ma questa opzione richiede un aumento degli anni di contribuzione (25 oggi, 30 dal 2030) e impone restrizioni sul cumulo con altri redditi da lavoro, limitando di fatto la platea di beneficiari a chi ha avuto carriere stabili e ben retribuite.
Il dibattito politico rimane acceso, con la Lega in prima linea nel proporre il blocco dell’aumento dell’età pensionabile e una maggiore flessibilità con una soglia standard di uscita a 64 anni e almeno 25 anni di contributi. Tuttavia, le regole attuali e quelle in arrivo sembrano destinare la pensione anticipata a restare un traguardo difficile per molti, soprattutto per i giovani, i lavoratori precari e chi ha avuto carriere discontinue, accentuando le disuguaglianze nel sistema previdenziale italiano.