
Pensione, ti spettano 603 al mese se fai parte di questa categoria - Cinezapping.com
Controlla subito la tua posizione, dal momento che se fai parte di questa categoria di pensionati, ti spetta fino a 603 euro al mese.
Novità importanti sul fronte delle pensioni minime per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 e ha quindi una pensione calcolata interamente con il sistema contributivo.
Dopo anni di disparità, si apre finalmente uno spiraglio per l’adeguamento delle pensioni più basse, con la possibilità di estendere l’integrazione al trattamento minimo anche ai cosiddetti contributivi puri, una categoria finora esclusa da questo beneficio.
Integrazione al trattamento minimo: la situazione attuale
Nel 2025, il trattamento minimo pensionistico si attesta intorno ai 603 euro mensili. Questo importo rappresenta la soglia sotto la quale l’INPS interviene con un’integrazione per garantire un minimo vitale a chi percepisce una pensione molto bassa. Tuttavia, fino a oggi per accedere a questa integrazione non è sufficiente avere una pensione inferiore a tale soglia e una situazione reddituale svantaggiata: è necessario che almeno un contributo settimanale sia stato versato entro il 31 dicembre 1995. Questo requisito fa sì che solo chi rientra nel sistema di calcolo misto (parte retributivo e parte contributivo) possa beneficiare dell’integrazione.
Molti lavoratori che hanno iniziato la loro carriera dopo il 1996, con una contribuzione esclusivamente contributiva, restano così esclusi da questa tutela, nonostante percepiscano assegni pensionistici spesso molto bassi. Questa disparità è stata oggetto di critiche e dibattiti da anni, considerata una vera e propria ingiustizia sociale. Un recente pronunciamento della Corte Costituzionale potrebbe rappresentare la chiave di volta per superare questa discriminazione. I giudici, con una sentenza che ha riguardato le pensioni di invalidità di tipo previdenziale, hanno riconosciuto il diritto all’integrazione al trattamento minimo senza distinzione del sistema di calcolo utilizzato, quindi anche per i pensionati contributivi puri.
Si tratta dell’assegno ordinario di invalidità (AOI), destinato a chi ha un’invalidità civile compresa tra il 74% e il 99%, con almeno cinque anni di contributi, di cui tre negli ultimi cinque anni. Poiché molti beneficiari di AOI hanno iniziato a lavorare dopo il 1996, questa sentenza apre la strada a una platea più ampia di pensionati svantaggiati, che spesso percepiscono assegni molto bassi, ben al di sotto del trattamento minimo. La novità consiste nel fatto che da ora in avanti anche chi non ha contributi antecedenti al 1996 potrà accedere all’integrazione, se titolare di pensioni di invalidità, anche se non sono previsti arretrati per gli anni passati.

La sentenza della Corte Costituzionale conferma, di fatto, la fondatezza delle richieste di chi da tempo sostiene che la mancata estensione dell’integrazione ai contributivi puri rappresenti una violazione del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione italiana. Sebbene al momento il beneficio sia stato esteso solo ai trattamenti di invalidità, le motivazioni della sentenza lasciano spazio all’ipotesi di un futuro ricorso più ampio, volto a estendere l’integrazione al trattamento minimo a tutti i pensionati contributivi puri, indipendentemente dalla tipologia di pensione.
Un eventuale successo in questo senso potrebbe portare a un aumento generalizzato fino a circa 600 euro mensili per tutti coloro che, a causa di carriere lavorative discontinue, precarietà o lavoro sommerso, non sono riusciti a maturare una pensione dignitosa. Si tratta di una questione cruciale per garantire maggiore sicurezza economica e rispetto della dignità a migliaia di pensionati del futuro. In attesa di sviluppi normativi o ulteriori pronunce giudiziarie, resta quindi alta l’attenzione su questo tema, che coinvolge una fetta significativa di lavoratori e pensionati esclusi dalla protezione minima garantita dallo Stato.