
Stasera si piange su Iris - (cinezapping.com)
Un film a dir poco commovente, che avremo modo di (ri)vedere questa sera su Iris: prendete i fazzoletti, le lacrime scenderanno!
Tutti pronti sul divano dalle 21.10. Iris, infatti, trasmetterà un film cult, che se non avete già visto, dovete assolutamente recuperare. Parliamo di un film che, pur prendendo alcune libertà con i fatti storici, affronta temi cruciali come la disumanità e le conseguenze psicologiche dell’isolamento.
La pellicola, oltre a raccontare una vicenda drammatica, solleva questioni morali e legali che continuano a essere rilevanti oggi.
Stasera su Iris
L’isola dell’ingiustizia – Alcatraz, diretto da Marc Rocco nel 1995, è un film che mescola realtà storica e fiction, raccontando la storia di Henri Young, un detenuto di Alcatraz, il celebre penitenziario situato nella baia di San Francisco. Ambientato negli anni ’40, il film esplora in modo romanzato un caso che fece scalpore per la brutalità dei trattamenti inflitti ai prigionieri e le conseguenze che questa violenza psicologica avrebbe avuto sul sistema carcerario americano.

Nel 1938, Henri Young viene incarcerato ad Alcatraz per un crimine che potrebbe sembrare banale: il furto di 5 dollari da un ufficio postale. Tuttavia, la sua permanenza nel famigerato penitenziario diventerà un incubo. Sotto la direzione di James Humson e del sadico condirettore Milton Glenn, Young viene brutalmente punito dopo aver tentato una fuga. A seguito di tale tentativo, viene messo in isolamento nelle segrete per un periodo che, per legge, non dovrebbe mai superare i 19 giorni. In realtà, Young rimane segregato in condizioni disumane per ben tre anni.
Dopo questa lunga e crudele detenzione, che lo ha segnato psicologicamente e fisicamente, Young commette un omicidio, uccidendo il detenuto Rufus McCain, che lo aveva tradito, rivelando il suo tentativo di evasione. Il crimine avviene davanti a 200 testimoni, e Young viene accusato di omicidio di primo grado.
Nonostante l’evidenza, il giovane avvocato d’ufficio James Stamphill, appena ventiquattrenne, decide di difendere Young, mettendo sotto accusa l’intero sistema carcerario e l’ideologia penale di Alcatraz. Stamphill non solo contesta la brutalità del trattamento subito dal suo cliente, ma presenta anche prove che dimostrano come numerosi detenuti, dopo aver scontato la loro pena, fossero stati rilasciati in condizioni psichiche gravemente compromesse, tanto da essere considerati “mentalmente insani”.
Il processo attira l’attenzione dei media e diventa una battaglia legale che va oltre il singolo caso di Henri Young. Non si tratta solo di stabilire la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato, ma di mettere in discussione l’intero sistema penitenziario degli Stati Uniti. Stamphill riesce a convincere la giuria a ridurre l’accusa da omicidio di primo grado a omicidio preterintenzionale, risparmiando così a Young la pena capitale.
Alla vigilia della sentenza, però, Young, ormai completamente sopraffatto dalla sua esperienza, decide di dichiararsi colpevole e di accettare la pena della morte piuttosto che passare altri dieci anni nelle torture di Alcatraz. Nonostante il suo stato psicologico, Stamphill riesce a persuaderlo a deporre, riuscendo a far emergere la sua devastazione mentale causata dall’isolamento. Alla fine, Young viene condannato a tre anni per omicidio preterintenzionale, e la giuria chiede che vengano indagati i responsabili delle torture perpetrate nel carcere.
Nel finale, Stamphill promette a Young che farà ricorso in appello per il suo trasferimento a un altro penitenziario e che continuerà a visitarlo. Tuttavia, pochi mesi dopo, Young viene trovato morto nella sua cella. Sul pavimento, un messaggio inquietante: la parola “vittoria” incisa con una pietra. La sua morte segna la fine di una battaglia legale che portò a una storica decisione della Corte Suprema, che vietò l’uso dell’isolamento in tutti i penitenziari degli Stati Uniti.