
La sentenza della Corte di Cassazione - (cinezapping.com)
Si possono chiedere i danni al parrucchiere? Ecco cosa ha recentemente stabilito la Suprema Corte di Cassazione
Un appuntamento dal parrucchiere che si trasforma in un problema serio, con risultati non conformi alle aspettative, come un colore sbagliato o un taglio troppo corto, può aprire la strada a un’azione legale. La Corte di Cassazione ha ribadito che in questi casi il cliente ha diritto a chiedere il risarcimento dei danni e, in determinate condizioni, a non pagare la prestazione. Ma quali sono le condizioni giuridiche e pratiche per tutelarsi?
Il parrucchiere è un artigiano specializzato nella cura, nel taglio e nell’acconciatura dei capelli, con competenze che includono anche la colorazione, la messa in piega, la permanente e l’uso di prodotti specifici per la cura della capigliatura. Tradizionalmente associato più all’universo femminile, il mestiere si estende anche alla clientela maschile, sebbene per la rasatura barba e baffi si ricorra spesso al barbiere.
La pronuncia della Cassazione
Il rapporto tra cliente e parrucchiere è disciplinato da un contratto d’opera, regolato dall’articolo 2222 del codice civile. Tale contratto impone precisi obblighi a entrambe le parti: il parrucchiere deve eseguire la prestazione nel rispetto delle richieste del cliente e con la diligenza richiesta da un professionista, come specificato dall’articolo 1176 c.c. che impone “la diligenza del buon padre di famiglia” e la valutazione della diligenza in base alla natura dell’attività professionale esercitata. Il cliente, invece, è tenuto a corrispondere il compenso pattuito.

Se la prestazione è errata o non conforme, si attiva il diritto di opporre l’eccezione di inadempimento, come sancito dall’articolo 1460 c.c., che prevede che “ciascuna parte può rifiutare di adempiere se l’altra non adempie contemporaneamente la propria obbligazione”. In pratica, il cliente può sospendere il pagamento finché non ottiene un adeguato rimedio, come la correzione del lavoro o un trattamento riparatore.
Gli esempi più comuni di prestazioni non conformi includono:
- la richiesta di una tinta castano chiaro che si traduce in capelli di colore nero;
- un taglio di punte che diventa un taglio radicale non concordato;
- danni ai capelli causati da prodotti chimici non adatti.
In questi casi, il cliente può rifiutarsi di pagare la prestazione o può chiedere un risarcimento, ma per farlo deve dimostrare concretamente il danno subito.
Per ottenere un risarcimento è fondamentale fornire prove oggettive del danno. Si consiglia di:
- fotografare immediatamente il risultato del trattamento;
- conservare messaggi, indicazioni o accordi scritti, anche tramite WhatsApp;
- mantenere ricevute, relazioni tecniche e preventivi di eventuali trattamenti riparatori effettuati in altri saloni o da specialisti, come tricologi;
- nei casi più gravi, richiedere relazioni dermatologiche o psicologiche che attestino l’impatto fisico o emotivo.
La giurisprudenza ha chiarito che non basta la sola insoddisfazione soggettiva del cliente per giustificare il rifiuto di pagamento o la richiesta di risarcimento. È necessaria una valutazione oggettiva della prestazione rispetto a quanto concordato e agli standard professionali del settore. La Cassazione, con la sentenza n. 27958/2020, ha precisato che:
- il cliente può opporre l’eccezione di inadempimento quando “il risultato ottenuto si discosta in modo apprezzabile dalle pattuizioni”;
- il diritto al rimborso è escluso se il parrucchiere ha rispettato le specifiche richieste ed eseguito tecnicamente in modo corretto, anche se il cliente è rimasto deluso.
Questo implica che l’errore professionale è distinto dalla semplice insoddisfazione estetica o personale, e solo nel primo caso si configura la violazione degli obblighi contrattuali.