
Attenzione a come usiamo WhatsApp - (cinezapping.com)
La condivisione quotidiana di stati su WhatsApp è diventata una pratica diffusa, ma cosa rivela questo comportamento?
La pubblicazione frequente di aggiornamenti sul proprio stato non è solo un gesto superficiale, bensì può riflettere esigenze profonde legate al bisogno di appartenenza, all’autostima e alla costruzione dell’identità digitale.
Analizziamo, con il supporto di importanti studi psicologici, il significato di questa abitudine e i suoi risvolti emotivi e sociali.
I motivi di un utilizzo massivo di WhatsApp
Secondo la psicologia sociale, il bisogno di appartenenza è una motivazione fondamentale per gli esseri umani. Roy F. Baumeister e Mark R. Leary, nel loro studio del 1995, hanno delineato come il desiderio di far parte di un gruppo e mantenere legami emotivi sia centrale per il benessere psicologico. Pubblicare stati su WhatsApp può rappresentare un modo per segnalare la propria presenza agli altri, quasi come un sottile messaggio: “Sono qui, guardami, pensami, non dimenticarti di me”.

Questa dinamica si collega alla costruzione del “sé digitale”, concetto elaborato da Erving Goffman nel 1959 secondo cui gli individui si presentano come attori su un palcoscenico, controllando ciò che mostrano per influenzare la percezione altrui. Ogni stato pubblicato, quindi, diventa uno strumento per modellare la propria immagine sociale: può essere una frase motivazionale, la condivisione di momenti di vita o un semplice aggiornamento sul proprio stato emotivo.
La psicologia dello sharing evidenzia inoltre che condividere contenuti online risponde a bisogni complessi: stimolare lo scambio d’opinione, definire sé stessi agli occhi degli altri, e intensificare le relazioni sociali. Sono oltre 41 milioni gli italiani attivi quotidianamente sui social, trascorrendo quasi due ore al giorno tra condivisioni e navigazioni, secondo il report Digital 2021 di We Are Social.
Uno studio del 2012 dal titolo “Narcissism and addiction to social networking sites” ha messo in luce come alcune persone sviluppino un uso compulsivo dei social media correlato a tratti narcisistici e a problemi di autostima. In questi casi, il numero di visualizzazioni, reazioni o commenti ricevuti diventa una convalida esterna fondamentale per il proprio equilibrio emotivo. Questa ricerca evidenzia come la continua pubblicazione di stati possa trasformarsi in un meccanismo di dipendenza, con conseguenze negative sulla salute mentale.
L’aggiornamento frequente dello stato può dunque nascondere un desiderio di approvazione che supera la semplice condivisione di contenuti, sfociando in ansia o stress qualora il feedback atteso non arrivi. È importante riconoscere quando questo comportamento smette di essere una forma di espressione e diventa una fonte di malessere.
Oltre alla dimensione esplicita, gli stati WhatsApp vengono spesso utilizzati per comunicazioni indirette, come messaggi rivolti a una persona specifica senza nominarla, o per “lanciare frecciatine”. Questo aspetto è stato studiato da Subrahmanyam e colleghi nel 2008, che hanno evidenziato come i social network permettano di inviare segnali sociali mascherati, tra cui reclami, allusioni romantiche o tentativi di suscitare gelosia. Non tutte le condivisioni mirano dunque a raccogliere like, ma spesso cercano una reazione mirata e personale.
Condividere stati su WhatsApp di per sé non rappresenta un disturbo, bensì un’abitudine diffusa e parte integrante della socializzazione moderna. Tuttavia, la psicologia sottolinea che il valore emotivo e l’intenzione dietro questa pratica sono cruciali. Se la condivisione nasce da un reale bisogno di comunicazione e connessione, può essere salutare. Al contrario, quando provoca ansia, genera dipendenza o mina l’autostima, è un segnale di sofferenza psicologica che richiede attenzione.
Questo scenario si inserisce in un contesto più ampio di trasformazione delle relazioni sociali, dove la vita virtuale diventa una dimensione imprescindibile dell’identità individuale, in cui l’essere e il dover essere si intrecciano costantemente.