Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Marzo 19th, 2011 | by sally
0Summary: Più che sui dialoghi c'è da puntare sulle lunghe inquadrature che riprendono il volto dei personaggi, ispezionandone la personalità.
Per chi ha visto “Lo scafandro e la farfalla” e “Quantum of solace“, il nome di Mathieu Amalric è già una garanzia, e lo è ancor di più dopo aver vinto il premio per la miglior regia allo scorso Festival di Cannes per “Tournée“.
Certo, per apprezzare una pellicola del genere, made in France, bisogna aver fatto il callo con i film francesi, ed aver imparato ad apprezzarne anche la lentezza, l’introspezione e le inquadrature infinite sulle espressioni degli attori. Anche il cinema di Mathieu Amalric, francese doc, non sfugge alla categoria, per apprezzare “Tournée“, quindi, bisogna essere armati di calma e pazienza. Dopo questa piccola premessa, ne serve un’altra sul burlesque, arte che ha ri-preso piede da un paio di anni a questa parte e approdata nel mondo del cinema, con un’argomentazione affrontata in maniera totalmente diversa rispetto a quanto fatto da Amalric, con “Burlesque“, e Christina Aguilera e Cher tra le interpreti. Il burlesque è nato a metà Ottocento, ma quello che Amalric ci racconta nel suo film è il New Burlesque, ovvero una versione reprise, rinata a partire dagli anni ’90 di cui Dita Von Teese è l’esponente più nota e che è particolarmente apprezzata dalle donne, in quanto permette loro di valorizzarsi utilizzando l’ironia come un’arma, giocando con il proprio corpo e le proprie capacità seduttive. Avvalendosi di queste capacità, Mathieu Amalric piazza sul grande schermo un gruppo di ballerine di Burlesque americane, che il protagonista, un produttore televisivo in cerca di successo, porta in Francia, nel tentativo di sfondare a Parigi. Le donne del gruppo hanno alle spalle un passato poco felice, così come lo stesso Joachin Zand (interpretato da Mathieu Amalric), che deve destreggiarsi tra spettacoli falliti, amici traditori, vecchie amanti rancorose, mogli invisibili e figli che necessitano di attenzioni. L’uomo è confuso quanto basta, a dimostrazione di ciò vi è anche il suo aspetto, esile e disordinato, gli occhi stanchi e l’espressione di chi non dorme come si deve ormai da tempo. Sigarette, treni, valigie, donne disilluse, questo è il mondo che circonda Joachin, che tuttavia non demorde, e sogna ancora il successo e nonostante i fallimenti porta il suo gruppo in tournée, per rimandare al titolo, nei posti più sperduti della Francia. Tutti, tranne Parigi.
E le donne? Miranda Colclasure, Linda Maracini, Julie Ann Muz, Suzanne Ramsey, tra le altre, non sono donne perfette. Oltre ad avere una vita imperfetta che tentano di dimenticare tra la musica, lustrini e boa colorati, hanno un fisico imperfetto. In sovrappeso, fisici giunonici, curve felliniane, cellulite a vista, di quella che però non spaventa, ma piace, perché è naturale, spontanea ed ha la sua bellezza, perché è reale. Amalric ha il merito di non andare alla ricerca della perfezione corporea, contrapponendola all’imperfezione caratteriale e psicologica. Ogni cosa, in realtà, è imperfetta. Siamo stanchi dello stereotipo della modella al limite dell’anoressia! Eccole, le nostre ballerine di burlesque, belle, formose e ricoperte da un trucco pesantissimo, che cela ogni dispiacere. E poi c’è la musica, che pressappoco ha la stessa funzione del trucco, mentre il pubblico divertito applaude. L’unica pecca di Amalric sono le sequenze, troppo lunghe, troppo lente. Ci sarebbero parecchi tagli da effettuare, alcune scene totalmente superflue che si sovrappongono ad altre scene divertenti. I dialoghi non sono poi granché, c’è da puntare più che altro sulle lunghe inquadrature che riprendono il volto dei personaggi, come a voler fare un’ispezione nelle loro personalità, nelle loro vite e nelle loro storie, fino a portare il film ad un livello che sembra quasi documentaristico. Nel complesso, Mathieu Amalric, oltre che un ottimo attore, si dimostra abile anche dietro la macchina da presa. La naturale “francesizzazione” della pellicola, vista la storia profonda e particolare che ci vuole raccontare, può anche passare in secondo piano.